Il rapporto
dell'uomo con la natura fra passato e futuro
Per l’uomo attuale la natura viene vissuta come
una realtà che sta fuori di noi, di cui ci serviamo per nutrirci,
vestirci, costruire case, macchine e così via, di cui ci consideriamo padroni
sfruttandone i materiali e l’energia. Ciò corrisponde alla nostra moderna
coscienza scientifica: guardiamo verso la natura come spettatori, ne studiamo
le leggi con un approccio prettamente quantitativo e analitico, considerando la
dimensione morale della nostra esperienza come una realtà privata e personale,
del tutto staccata dalla ricerca scientifica. Una visione chiaramente
dualistica. Quale conseguenza si evidenzia da questa impostazione ? E. Fromm la
caratterizza dicendo: la scienza attuale ha un carattere necrofilo, cioè
distruttivo nei confronti della natura. Il dramma ecologico ne è la più
evidente espressione. Il principio analitico ha in sé un processo di divisione,
un insieme viene fatto a pezzi e poi mi restano in mano le parti. Se tento di
ricomporle ottengo una macchina, una sintesi artificiale, ma non una realtà
vivente.
artista: Rob Mulholland |
Se si va indietro nella storia ci si può
rendere conto che non è sempre stato così: nel nostro medioevo, spesso
caratterizzato come “oscuro” e primitivo, i monaci hanno dato vita a ciò che
oggi ammiriamo come paesaggio rurale, con un rapporto del tutto costruttivo con
la natura. In epoca ancora più antica l’uomo era riuscito ad ingentilire alberi
selvatici facendone i nostri alberi da frutto, a trasformare le graminacee in
grano da cui ricavare il pane, le vespe in api capaci di produrre il miele.
Erano trasformazioni costruttive della durata di millenni e di cui oggi fruiamo
ancora ampiamente. Con tutta la nostra scienza e il raffinato sviluppo tecnico,
oggi non siamo in grado di raggiungere quanto hanno fatto i nostri
predecessori. Come era possibile ciò? Possiamo ritrovare verso il futuro un
rapporto biofilo, nel linguaggio di E.Fromm, con la natura?
Si tratta di farsi una idea della diversa
coscienza in cui viveva l’uomo antico rispetto all’uomo attuale. Nel momento in
cui noi ci addormentiamo scompare la nostra coscienza di spettatore, subiamo le
forze di gravità, risuoniamo nel sonno con i ritmi cosmici, non siamo più con
la coscienza dentro il nostro corpo. Dove siamo? R.Steiner ci dà una risposta
molto chiara: siamo fuori di noi, diventiamo tutt’uno con l’ambiente
circostante, soltanto che non ne siamo consapevoli. E’ una condizione
paragonabile a quella del bambino piccolo che non ha ancora una consapevolezza
di sé, ma vive identificandosi con le sue esperienze sensoriali che lo uniscono
a ciò che sta intorno a lui. L’uomo antico era in uno stato di coscienza di
questo genere, percepiva la natura con forze di chiaroveggenza, cogliendovi la
presenza di entità spirituali. Si può anche dire con R.Steiner che l’uomo ha la
coscienza desta grazie alla sua attività di pensiero, mentre nella sua attività
volitiva è nel sonno, non sappiamo che cosa avviene nei nostri muscoli, nei
nostri processi digestivi, cioè in quelle attività del nostro organismo che
sono le premesse per la vita volitiva. L’uomo antico viveva nella sua volontà,
non ancora nella sfera cognitiva. Questo significa che sapeva agire con la sua
volontà magicamente sulla natura, poteva governare i processi vitali delle
piante, gli eventi meteorologici, le forze della terra e le forze del fuoco.
R.Steiner ci descrive come un uso errato di queste forze abbia portato
alla scomparsa sotto le acque del continente atlantico, alla distruzione col
fuoco dell’antica Lemuria. Avendo allora l’uomo ancora una coscienza
collettiva, queste capacità magiche erano sotto la guida di figure sacerdotali,
gli iniziati agli antichi oracoli. Tracce di questo rapporto magico con la
natura si trovano in molte tradizioni, per esempio la capacità di Mosè di
governare le acque del mar Rosso per fuggire col suo popolo dall’Egitto, oppure
quella del Cristo che acquieta la tempesta del lago Genezareth. Anche le varie
forme di esorcismo per far piovere, per evitare la grandine e così via, hanno
in sé elementi di questa prima fase.
Artista: Kevin Corrado |
Thule-Italia.com |
In un secondo centro dei misteri greci, ad Eleusi, il rapporto con la natura veniva espresso con immagini mitologiche, quelle di Proserpina che viene rapita da Plutone, il dio degli inferi, e di Demetra,la madre, che cerca la figlia nel tentativo di riportarla sulla terra, arrivando poi ad un compromesso: una parte dell’anno Proserpina vive sulla terra, potremmo dire che è la fase primaverile estiva della espansione della vita delle piante, e una parte dell’anno vive con Plutone negli inferi, la fase di contrazione e invernale del respiro della natura. Abbiamo cioè una immagine mitologica della natura quale ritmo, quale grande respiro della terra.
Col passare dei secoli questo rapporto
mitologico con la natura tende ad esteriorizzarsi, le immagini non vengono più
vissute con una partecipazione interiore e diventano allegorie. Si può
ricordare una tipica figurazione allegorica della terra vista come “madre” di
ogni vita, la “Tellus” dell’Ara pacis di Roma: con il cigno viene raffigurata l’aria,
con una specie di mostro l’acqua, la fecondità della vita con i due bambini che
tiene in braccio, la vita agricola dagli animali domestici e dalle piante. L’uomo
ormai si desta alla vita dei sensi, guarda il mondo con l’occhio fisico, il
raziocinio spegne le facoltà chiaroveggenti e le realtà spirituali della natura
diventano pallide allegorie.
Aristotele, il padre della cultura del
pensiero, non lavora soltanto come filosofo, ma fa anche molte e dettagliate
osservazioni della natura con un occhio non molto diverso da quello dello
scienziato moderno. Quale maestro di Alessandro Magno gli trasmette in
una forma anche schematica la conoscenza dei quattro elementi, i “rizomata” che
Empedocle vedeva all’origine della vita della natura, la terra, l’acqua, l’aria
e il fuoco, si tratta della nota rosa dei venti che viene poi presa come base
della medicina di Galeno. Vi è anche un nesso con la vita dell’anima, là dove
si parla dei quattro temperamenti, anch’essi inseriti nello schema galenico:
melanconico (terra), collerico (fuoco), flemmatico (acqua), sanguinico (aria).
Per ogni elemento vi sono poi due qualità dette secondarie: per la terra il
freddo e l’umido, per l’acqua l’umido e il caldo, per il fuoco il caldo e
il secco, per l’aria il freddo e il secco. Queste qualità avevano poi diverse
intensità dette “gradi”, per cui per esempio il pepe era caldo e secco al
quarto grado, la rosa era fredda al primo grado e secca al secondo grado. L’uomo
si è ormai destato al mondo della materia, da un lato, e dall’altro inizia a
sviluppare una autonoma vita di pensiero.
Nel mondo nordico dell’Europa il rapporto con
la natura ha uno sviluppo un po’ diverso che vale la pena di essere ricordato,
in quanto fino ad oggi il mondo del settentrione, l’Irlanda ed i paesi
scandinavi per esempio, e quello meridionale mediterraneo, hanno una relazione
spesso molto diversa con la natura. Noi siamo più rivolti alla nostra
interiorità, alla vita dell’anima, al nord si è più rivolti alla natura e alle
sue trasformazioni. Un esempio si può vedere nella storia della pittura se si
confronta il paesaggio di un pittore fiammingo con quello di uno dei nostri
pittori del Rinascimento: al nord la natura e l’attività agricola prevalgono
decisamente sulla figura umana, al sud la priorità è data con grande evidenza
all’uomo, messo al centro dalla nostra tradizione umanistica. I sacerdoti
degli antichi misteri druidici operarono in senso magico con gli esseri della
natura molto più a lungo rispetto a quanto avveniva nell’oriente e nel
meridione, anche la facoltà chiaroveggente che consente di percepire gi esseri
elementari come gli gnomi le ondine, le silfidi e le salamandre, oppure i
giganti del gelo e le entità delle tempeste, si sono mantenute praticamente
fino agli inizi della moderna epoca scientifica. Gli altari dei druidi
erano all’aperto, nella grande natura, non vi erano templi con spazi chiusi, i
menhir erano strumenti per cogliere l’agire della forze del cosmo. Si vivevano
ancora con una intima relazione gli eventi della natura che non erano
sperimentati come realtà esterne e lontane dall’uomo.
Abbiamo visto così tre grandi tappe nel
rapporto dell’uomo con la natura: una fase magico religiosa legata allo
sviluppo della volontà, una fase mitologica simbolica legata allo sviluppo del
sentimento e l’inizio di una fase scientifica legata allo sviluppo del
pensiero. Questo sguardo al passato consente di cogliere diverse
dimensioni della coscienza dell’uomo, così da avere qualche elemento per
potersi orientare verso il futuro, là dove si fa il tentativo di andare oltre
quell’approccio necrofilo visto all’inizio, in direzione di un percorso biofilo
adeguato all’uomo moderno. (fine prima parte)
(–di Stefano Pederiva )
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